Particolare tenuità del fatto e condotte successive alla commissione del reato

L’istituto della esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto è previsto dall’articolo 131 bis Codice Penale, secondo cui “Nei reati per i quali è prevista la pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni, ovvero la pena pecuniaria, sola o congiunta alla predetta pena, la punibilità è esclusa quando, per le modalità della condotta e per l’esiguità del danno o del pericolo, valutate ai sensi dell’articolo 133, primo comma, l’offesa è di particolare tenuità e il comportamento risulta non abituale”.

Il secondo comma prevede poi determinati casi in cui l’offesa non può essere considerata di articolare tenuità, vale a dire: 

  • quando l’autore ha agito per motivi abietti o futili, o con crudeltà, anche in danno di animali
  • quando l’autore del reato ha adoperato sevizie o, ancora, ha profittato delle condizioni di minorata difesa della vittima, anche in riferimento all’età della stessa 
  • quando la condotta ha cagionato o da essa sono derivate, quali conseguenze non volute, la morte o le lesioni gravissime di una persona. 
  • quando si procede per delitti, puniti con una pena superiore nel massimo a due anni e sei mesi di reclusione, commessi in occasione o a causa di manifestazioni sportive
  • nei casi di cui agli articoli 336337 e 341 bis, quando il reato è commesso nei confronti di un ufficiale o agente di pubblica sicurezza o di un ufficiale o agente di polizia giudiziaria nell’esercizio delle proprie funzioni
  • nell’ipotesi di cui all’articolo 343

Seguono altri commi di dettaglio.

Ebbene, posti tali limiti “negativi” alla possibilità di riconoscere la particolare tenuità del fatto, preme comprendere quando, di fatto, il soggetto attivo del reato possa effettivamente beneficiare della predetta causa di esclusione della punibilità.

Un’indicazione concreta su questo tema proviene dalla recente Sentenza Cassazione Penale, Sezione IV, numero 20038/2022.

La pronuncia in commento trae origine dal ricorso per Cassazione presentato dal Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte d’Appello di Torino che, in riforma della sentenza di condanna emessa dal Tribunale di Torino il 20 giugno 2019, ha assolto l’imputato dal reato di lesioni personali stradali (di cui all’articolo 590 bis Codice Penale), ritenendo il fatto non punibile per particolare tenuità ai sensi dell’art. 131 bis Codice Penale. 

Nel ricorso per Cassazione il Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte di appello di Torino lamentava erronea applicazione del predetto articolo 131 bis. 

In particolare, il ricorrente osservava che nel caso di specie non vi erano le condizioni per l’applicabilità della causa di non punibilità in argomento, poiché l’imputato era accusato di una grave violazione al Codice della Strada, a causa della quale lo stesso provocava un incidente che aveva coinvolto ben quattro veicoli e poneva così in pericolo l’incolumità di numerosi utenti della strada. 

Sottolineava, inoltre, che, a seguito dell’urto, la persona offesa riportava lesioni personali gravi che causavano una malattia di durata superiore ai 90 giorni e che anche il passeggero di un’altra autovettura coinvolta riportava lievi lesioni. 

Lamentava, infine, che la causa di non punibilità di cui all’art. 131 bis c.p. era stata ritenuta applicabile a causa dell’immediata confessione dell’imputato e del sollecito pagamento del risarcimento del danno: comportamenti, questi, successivi al reato dei quali la lettera dell’art. 131 bis C.P. non consente di tenere conto. 

Per tali ragioni il ricorrente chiedeva l’annullamento della sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Torino.

La Suprema Corte ha ritenuto fondato il motivo di ricorso chiarendo che “Come noto, il giudizio sulla tenuità del fatto necessario per poter applicare la causa di esclusione della punibilità prevista dall’art. 131 bis c.p. richiede una valutazione complessa e congiunta di tutte le peculiarità della fattispecie concreta, che tenga conto, ai sensi dell’art. 133 c.p., comma 1, delle modalità della condotta, del grado di colpevolezza da esse desumibile e dell’entità del danno o del pericolo (cfr., per tutte, Sez. U, n. 13681 del 25/02/2016, Tushaj, Rv. 266590). Facendo riferimento alle modalità della condotta e all’esiguità del danno o del pericolo la disposizione in esame esclude che un fatto possa essere considerato non punibile per particolare tenuità in ragione del comportamento successivo alla commissione del reato.” 

Premesso ciò, continua la Suprema Corte, “La sentenza impugnata non ha fatto buon governo dei principi ermeneutici sopra enunciati. Ha infatti ritenuto applicabile la disposizione di cui all’art. 131 bis c.p., senza fare alcun riferimento all’entità del danno cagionato alla persona offesa e del pericolo derivato alla sicurezza della circolazione stradale, nè al grado della colpa e ha valorizzato, ai fini della non punibilità, solo comportamenti successivi al reato, come la confessione e la sollecita definizione del risarcimento del danno, limitandosi poi a riferire che l’imputato non è gravato da precedenti ostativi avendo riportato condanne per rissa, resistenza e lesioni assai risalenti nel tempo”.

Per tutte queste ragioni la Corte di Cassazione ha annullato con rinvio la sentenza impugnata, per nuovo giudizio, ad altra sezione della Corte d’Appello di Torino.

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