In materia di credito d’imposta di ricerca e sviluppo (articolo 3 del DL 145/2013, convertito, con modificazioni, dalla Legge 9/2014, poi sostituito dall’articolo 1, comma 35, della Legge 190/2014 e, infine, ulteriormente, sostituito dall’articolo 1, comma 200, della Legge 160/2019), si registra un orientamento pressoché univoco della giurisprudenza di merito favorevole al riconoscimento dell’obbligo dell’Agenzia delle Entrate di dover preventivamente acquisire il parere tecnico del Ministero dello Sviluppo economico al fine di giustificare la propria pretesa impositiva (ovvero, tipicamente, l’assenza del requisito della “novità” dell’attività di ricerca e sviluppo agevolata). Proprio l’assenza di questo requisito viene tipicamente utilizzata dall’Amministrazione finanziaria per sostenere la presunta “inesistenza” del credito d’imposta (si vedano: Cass. Civ. 34444 e 34445 del 16.11.2021 e Cass. penale 21.01.2022 n. 7613, 7614, 7615). A quest’ultimo riguardo va ricordato che il nostro ordinamento prevede un trattamento più grave per i crediti considerati “inesistenti” (ovvero: decadenza dal potere di accertamento in 8 anni e sanzioni dal 100 al 200%, il pagamento non esclude la punibilità penale) rispetto a quelli “non spettanti” (decadenza ordinaria, sanzioni al 30% mentre il pagamento può escludere la punibilità penale).

Tornando alla questione principale, con riferimento alla questione legata all’obbligo di acquisizione di un parere tecnico da parte del Mise, in sede di accertamento / contenzioso:

  • (da un lato) le “tipiche” contestazioni dell’Amministrazione finanziaria nei confronti dei soggetti beneficiari del credito d’imposta riguardano:
  • la presunta natura non realmente innovativa (in senso assoluto) dell’attività di ricerca (così come, viceversa, previsto dal Manuale di Frascati):
  • la natura meramente facoltativa (e quindi non obbligatoria) del parere tecnico da richiedere al Mise (previsto dall’art. 8, c. 2, del DM 27.05.2015);
  • (dall’altro lato, di riflesso) la “tipica” difesa dei soggetti verificati verte:
  • sull’impossibilità dell’Agenzia delle Entrate di svolgere autonomamente delle valutazioni tecniche senza l’acquisizione del parere tecnico del Mise (in quanto assimilabili a mere deduzioni difensive di parte);
  • sulla possibilità di agevolare l’attività innovativa effettuata sulle proprie tecnologie e processi, senza dover necessariamente dimostrare il soddisfacimento del requisito della “novità” dell’attività stessa in termini assoluti (in quanto non costituente un requisito previsto ex lege);
  • per gli accertamenti operati sul credito d’imposta ricerca e sviluppo (DL 145/2013): sulla (possibile) rilevanza da attribuire ai principi espressi nel Manuale di Frascati soltanto a partire dal periodo d’imposta 2019 (ovvero dall’entrata in vigore dell’articolo 1, c. 200, della Legge 160/2019).

E’ nei termini sopra sintetizzati in cui, quindi, occorre inquadrare lo sviluppo del contenzioso legato alla verifica della sussistenza di un obbligo di richiesta di parere tecnico al Mi.se da parte dell’Agenzia delle Entrate e in relazione alla quale, ad oggi, si riscontrano i seguenti orientamenti (fin qui favorevoli al contribuente) espressi dalla giurisprudenza di merito: 

  • CTP Napoli, 02.05.2022 n. 4988;   
  • CTR Valle d’Aosta, 21.04.2022 n. 22/1 (in precedenza: CTP Aosta, 08.11.2021 n. 46/1/21); 
  • CTP Vicenza, 11.01.2022 n. 14
  • CTP Vicenza, 09.07.2021 n. 365;
  • CTP Ancona, 11.08.2021 n. 392/2/2021.

Le interpretazioni sopra citate sono da accogliere con favore, avendo riconosciuto il fatto di dover attribuire, in via esclusiva, al Mise ogni valutazione in merito ai requisiti che la ricerca deve soddisfare e, di conseguenza, avendo rimosso l’incertezza ed il disorientamento causato da recuperi basati su opinabili e soggettive valutazioni da parte dell’Agenzia delle Entrate. I  principi espressi devono ritenersi di buon senso, se solo si pensa agli infiniti campi di ricerca ed alle possibili correlate attività che, evidentemente, l’Agenzia delle Entrate non ha certamente la possibilità di conoscere dal punto di vista tecnico, in ciò confermando la propria incapacità, su questo tema, di emettere atti di accertamento adeguatamente fondati.

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