L’azione di restituzione

L’azione di restituzione è una modalità di reintegrazione della quota di legittima lesa – avente carattere reale – e che presenta quale presupposto indefettibile il vittorioso esperimento dell’azione di riduzione.

Qual è la funzione dell’azione di restituzione?

La sua funzione è quella di recuperare i beni che – con disposizioni testamentarie o liberalità – sono stati attribuiti dal de cuius causando una lesione di legittima nei confronti di determinati soggetti ossia i c.d. legittimari.

Contro chi si esercita l’azione di restituzione

L’azione di restituzione viene effettuata contro i beneficiari degli atti di liberalità (ovvero disposizioni testamentarie lesive) del de cuius in favore di coeredi ovvero terzi estranei a cui è stato – medio tempore – alienato il bene dal beneficiario del lascito ovvero della liberalità.

Presupposti per esercitare l’azione di restituzione contro i terzi

Il primo presupposto è, come anticipato, il vittorioso esperimento dell’azione di riduzione; inoltre, ai sensi dell’Art. 563, c.c. se i donatari contro i quali è stata pronunciata la riduzione hanno alienato a terzi gli immobili – e non sono trascorsi venti anni dalla trascrizione della donazione – il ricorrente (legittimario leso), escusso precedentemente il patrimonio del donatario incapiente, ha la facoltà di agire contro i terzi per recuperare quanto di sua spettanza e comporre così la sua quota di legittima. Il soggetto terzo, il quale si trova esposto all’azione di restituzione, può percorrere due vie: restituire al ricorrente il bene in natura e agire nei confronti del suo alienante per reintegrare le sue spettanze ovvero pagare l’equivalente del bene in denaro al ricorrente.

La purgazione dei beni restituiti

Le vicende che possono riguardare un bene sono le più varie, ad esempio, nel corso degli anni, possono essere stati gravati da pesi o ipoteche. L’effetto tipico dell’azione di restituzione è il c.d. effetto purgativo, ossia che i beni immobili (e beni mobili registrati), per i quali viene esercitata l’azione, devono essere restituiti al ricorrente liberi da ogni peso e ipoteca.

Questo principio generale, però, viene contemperato da due norme per fare salvi i diritti dei terzi:

L’Art. 2652, n. 8 c.c. dispone che se la trascrizione della domanda di riduzione avviene oltre dieci anni dall’apertura della successione, la sentenza non tange i diritti che i terzi hanno acquisito in forza di atti onerosi in base a un atto trascritto o iscritto anteriormente alla trascrizione della detta domanda;

Nel caso specifico delle donazioni, se l’azione di restituzione viene esperita dopo 20 anni dalla trascrizione dell’atto di liberalità, i gravami (pesi e ipoteche) restano efficaci e il legittimario leso ha un mero diritto di credito verso il donatario, pari al minor valore dei beni che egli ha in restituzione.

La rinuncia all’azione di restituzione non produce gli stessi effetti della rinuncia all’azione di riduzione

Gli effetti della rinuncia all’azione di restituzione sono nettamente diversi da quelli prodotti dalla rinuncia all’azione di riduzione. La prima (riduzione), infatti, si pone quale presupposto per l’esercizio della seconda e ha natura di azione personale di accertamento costitutivo nei confronti del donatario. Diversamente, l’azione di restituzione ha natura di azione reale e di condanna nei confronti del proprietario del bene donato, sia esso il medesimo donatario ovvero il terzo a cui è stato medio tempore trasferito il bene. Fatte le dovute premesse, è chiaro che qualora un soggetto rinunci all’azione di riduzione (rinuncia che può essere effettuata solo dopo che il donante è morto) si avrebbe, come conseguenza implicita, la rinuncia all’azione di restituzione. Diversamente, la rinuncia all’azione di restituzione, non comporta rinuncia all’azione di riduzione. Infatti, il legittimario leso potrebbe ben rinunciare ad agire in restituzione contro i terzi aventi causa, conservando però la facoltà di agire in riduzione contro il donatario.

La rinuncia all’opposizione, invece, consiste nel rinunciare a opporsi alla donazione: è uno dei rimedi esperibili per mettere in sicurezza e garantire l’acquirente per una futura ed eventuale vendita del bene donato. Uno dei maggiori rischi nell’acquisto di immobili con provenienza donativa è proprio quello di essere esposti a eventuali azioni dei legittimari lesi del donante. È bene precisare però che la rinuncia all’opposizione comporta solo la facoltà di sospendere il termine per chiedere la restituzione del bene donato (20 anni) e non anche la rinuncia ad agire in restituzione. La rinuncia all’opposizione in sostanza elimina il potere di sospendere i termini per proporre l’azione di restituzione verso i terzi acquirenti del bene donato.

Diversa ancora è l’azione di rivendicazione: mentre la restituzione, come sopra esposto, mira a ottenere il ritrasferimento di un bene, l’azione di rivendicazione è tesa alla condanna e al conseguente rilascio dei beni verso chi dispone di fatto del bene in assenza di titolo. Precisamente il proprietario chiede la condanna al rilascio o alla consegna nei confronti di chi dispone di fatto del bene nell’assenza, anche originaria, di ogni titolo.

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