La disciplina fiscale dei piani di incentivazione “carried interest”

Premessa 

Gli strumenti finanziari aventi diritti patrimoniali rafforzati costituiscono delle forme di incentivo che, nell’ambito dei meccanismi di incentivazione c.d. “equity – base”, possono essere riconosciute ai manager ed agli amministratori al realizzarsi di determinati risultati. Questi strumenti mirano ad allineare il più possibile gli interessi e i rischi del personale stesso con quelli degli investitori:

  1. collegando una parte (talvolta sostanziale) del compenso (o dei relativi profitti) a dei parametri economico finanziari che riflettono l’apprezzamento di valore di titoli o la redditività conseguita dalla società; 
  2. avendo un ruolo strategico per implementare piani di incentivazione diversi da quelli tradizionali (es. piani di “stock option”). 

Il maggior rendimento connesso agli strumenti finanziari viene, nella prassi, definito  “carried interest”. 

Il trattamento fiscale applicabile ai carried interest è, da sempre, incerto. Tuttavia, l’individuazione della specifica tipologia reddituale in cui ricomprendere questi componenti di reddito risulta essere particolarmente importante, considerato che in ambito fiscale: 

  • in capo ai dipendenti: è tassato il valore normale delle azioni o quote assegnate rispetto al relativo prezzo di sottoscrizione;
  • sul reddito di lavoro sono applicabili le aliquote progressive Irpef (di fatto la marginale al 43%)  mentre i redditi di capitale e diversi sono tassati con imposta sostitutiva del 26%;
  • in sede di attribuzione degli utili della società, ai dipendenti o agli amministratori possono essere attribuiti dei proventi in misura proporzionalmente superiore rispetto a quelli spettanti agli altri soci.

La normativa

Al ricorrere di determinate condizioni, i proventi derivanti da strumenti finanziari aventi diritti patrimoniali rafforzati percepiti dai dipendenti o dagli amministratori di società (o di società da esse controllate), enti o società di gestione dei fondi (sgr) “si considerano in ogni caso redditi di capitale o diversi”. In particolare, ai sensi dell’articolo 60 del D.L. 24 aprile 2017 n. 50 (convertito nella Legge 21 giugno 2017 n. 96), ai fini dell’operatività della presunzione legale in esame, è necessario soddisfare le seguenti condizioni: 

1) l’investimento complessivo di tutti i dipendenti e amministratori deve essere tale da determinare un esborso effettivo in misura pari ad almeno l’1% dell’investimento effettuato dal fondo ovvero in misura almeno pari all’1% del patrimonio netto della società (per la verifica del raggiungimento della soglia dell’1% rileva l’investimento collettivo effettuato da tutti i potenziali beneficiari del regime in oggetto al momento della sottoscrizione dei titoli in sede di aumento di capitale sociale ovvero alla data del loro acquisto. Pertanto, ciascun manager deve considerare se il proprio investimento, unitamente a quelli effettuati dagli altri manager, rappresenti l’1% del valore corrente del patrimonio netto, ferma restando la condizione dell’esborso effettivo degli importi sottoscritti. Ag. Entrate, risposta ad interpello n. 436 del 2.10.2020);

  • attribuzione del provento subordinata alla restituzione ai soci di una somma di ammontare pari al capitale investito e all’attribuzione di un rendimento minimo;
  • periodo minimo di detenzione degli strumenti finanziari pari ad almeno cinque anni. 

Possono essere indicativi della natura di reddito di lavoro dipendente del carried interest (si veda anche la risposta dell’Agenzia delle Entrate all’interpello n. 435 del 2 ottobre 2020):

  • l’esistenza di eventuali pattuizioni che garantiscono al dipendente la restituzione integrale del capitale investito;
  • l’esistenza di clausole di leavership volte ad assicurare alla società un diritto di riscatto al venir meno del rapporto lavorativo;
  • la remunerazione dei manager ben al di sotto dei parametri di mercato (questa situazione, infatti, potrebbe indurre a considerare il carried interest quale “bonus” per l’attività lavorativa svolta).

Soggetti interessati

La disposizione interessa i soggetti che intrattengono un rapporto di lavoro dipendente o assimilato con la società, ente o società di gestione di fondi. Sono quindi interessati:

  • i manager ed i dipendenti delle Sgr, di altre società che effettuano operazioni di private equity e di società obiettivo delle operazioni di investimento (società target);
  • i manager ed i dipendenti di altre società (tipicamente del settore industriale ma anche di consulenza finanziaria quali le c.d. “advisory company”) che emettono strumenti con diritti patrimoniali rafforzati.

Viceversa, sono esclusi i professionisti (es. avvocati, dottori commercialisti, ecc) che sono coinvolti nell’operatività della società nella sola veste di consulenti. 

Con riferimento ai soggetti partecipati, l’agevolazione riguarda le società, gli enti e gli OICR residenti nel territorio dello Stato italiano, ma può essere estesa a tutti i soggetti residenti o istituiti in Stati o territori che consentono un adeguato scambio di informazioni (da individuare in base al D.M. 4 settembre 1996).

La natura e l’ammontare dell’investimento

L’agevolazione è riconosciuta a condizione che l’ammontare dell’investimento che viene effettuato dai dipendenti e dagli amministratori possa essere considerato “significativo”. A quest’ultimo riguardo, l’investimento complessivo (“esborso effettivo”) che deve essere effettuato da tutti i dipendenti e gli amministratori deve essere almeno pari all’1%:

  • dell’investimento complessivo operato dall’organismo di investimento collettivo del risparmio;

ovvero

  • in caso di investimento in società o enti: del patrimonio netto di quest’ultimi. 

Con riferimento a quanto sopra, occorre considerare che:

  • l’impegno in termini di “investimento complessivo” da parte di manager e dipendenti deve intendersi come “esborso effettivo”, e quindi come esborso monetario che espone questi soggetti al rischio di conseguire delle perdite;
  • la condizione relativa “all’esborso effettivo” è richiesta affinché il manager/dipendente possa partecipare al rischio di perdita del capitale investito allineando la sua posizione a quella degli altri investitori.  Ai fini della determinazione dell’esborso effettivo, occorre considerare:
    1. per gli amministratori o dipendenti residenti ai fini fiscali in Italia: l’ammontare tassato in qualità di “reddito in natura” derivante da lavoro dipendente o assimilato o di lavoro autonomo in sede di attribuzione o sottoscrizione delle azioni, quote o strumenti finanziari;
    2. per gli amministratori o dipendenti non residenti ai fini fiscali in Italia: l’ammontare che sarebbe stato assoggettato a tassazione nel caso in cui questi ultimi fossero stati residenti in Italia;
    3. l’eventuale ammontare assoggettato a tassazione come reddito in natura (di lavoro dipendente o assimilato) in sede di assegnazione gratuita di azioni a favore del manager/dipendenti (a titolo esemplificativo, rientra in questa ipotesi l’acquisto di strumenti finanziari con risorse derivanti da finanziamenti erogati a tassi di interesse inferiori a quelli di mercato, in quanto rilevanti quali reddito di lavoro dipendente ai sensi dell’articolo 50, comma 4, lettera b, del TUIR);
  • concorrono a formare la soglia dell’1%:  i finanziamenti erogati a tassi di interesse inferiori rispetto a quelli di mercato e l’ammontare sottoscritto dai manager e dipendenti in strumenti finanziari ordinari e con diritti patrimoniali rafforzati;
  • a differenza di quanto sopra, non vi è “esborso effettivo” (e quindi non concorre a integrare il requisito dell’investimento minimo) se l’acquisto delle partecipazioni da parte del manager/dipendenti è stato effettuato mediante il ricorso a finanziamenti che, per effetto di rinuncia da parte del creditore o al verificarsi di determinate condizioni, escludono in tutto o in parte il rimborso del capitale sovvenzionato (in questo caso, non vi è un’effettiva partecipazione al rischio di perdita del capitale, tale per cui il manager o il dipendente non assume un sostanziale ruolo di investitore);
  • per gli investimenti effettuati in società: il patrimonio netto deve essere assunto a valori correnti, determinabili sulla base di apposite perizie di stima, tenendo conto anche dell’investimento effettuato dai manager o dai dipendenti.

Con riferimento al momento in cui deve considerarsi realizzato l’investimento minimo si rileva che: 

  1. per gli investimenti in fondi: la soglia dell’1% deve essere raggiunta al momento di chiusura del periodo di sottoscrizione, con irrilevanza degli eventi successivi (fermo restando la condizione che le quote sottoscritte vengano poi effettivamente liberate nella misura richiamata dal fondo);
  2. per gli investimenti in società: la percentuale di investimento minimo (1%) deve sussistere al momento della sottoscrizione dei titoli in sede di aumento del capitale sociale o alla data del relativo acquisto, assumendo a riferimento l’investimento collettivo effettuato da tutti i potenziali beneficiari del regime in esame (eventuali investimenti successivi effettuati da soggetti diversi dai manager comportano la necessità – per i manager – di adeguare i propri investimenti al fine di raggiungere la percentuale del nuovo valore del patrimonio netto. In particolare questo adeguamento deve essere effettuato entro la data di chiusura dell’esercizio nel corso del quale il terzo ha effettuato l ‘investimento).

Il momento di maturazione 

I proventi per i quali opera il beneficio devono essere i “postergati” rispetto ad altri. In tal senso è previsto che “i proventi delle azioni, quote o strumenti finanziari che danno diritti patrimoniali rafforzati maturano solo dopo che tutti gli altri soci o partecipanti all’OICR abbiano percepito un ammontare pari al capitale investito e ad un rendimento minimo previsto nello statuto o nel regolamento ovvero, nel caso di cambio di controllo, alla condizione che gli altri soci o partecipanti dell’investimento abbiano realizzato con la cessione un prezzo di vendita almeno pari al capitale investito e al predetto rendimento minimo”.

La clausola di postergazione della distribuzione dei proventi implica che i proventi degli strumenti finanziari in questione devono maturare soltanto dopo che tutti gli altri investitori abbiano percepito un ammontare pari al capitale investito ed il rendimento minimo (c.d. “hurdle rate”) previsto nello statuto o nel regolamento. Questa distribuzione differita riguarda esclusivamente l’extra rendimento, ovvero la componente finanziaria rafforzata, ma non anche il rimborso del capitale investito o il pagamento dei normali proventi che sono correlati alle diverse categorie di quote che sono state emesse. Il riferimento alla ‘percezione’ comporta che non è sufficiente la maturazione dell’hurdle rate per l’integrazione del requisito, ma è necessaria l’erogazione agli altri investitori (inclusi i manager detentori di azioni ordinarie) del capitale investito e del rendimento minimo (hurdle rate) (Ag. Entrate, principio di diritto n. 5 del 12.2.2019).

In caso di cambio del controllo, il diritto alla corresponsione del provento deve essere subordinato al fatto che gli altri soci o partecipanti all’investimento abbiano realizzato con la cessione un prezzo di vendita almeno pari al capitale investito e al rendimento minimo (hurdle rate). Viceversa, al di fuori del cambio di controllo, non opera la presunzione legale di qualificazione del provento quale “reddito di capitale”.

Il periodo di possesso

Al momento della percezione dei proventi da riqualificare fiscalmente, deve essere verificato un periodo di possesso almeno quinquennale in capo ai soggetti beneficiari. In tal senso è previsto che “le azioni, le quote o gli strumenti finanziari aventi i suindicati diritti patrimoniali rafforzati sono detenuti dai dipendenti e amministratori o, in caso di decesso, dai loro eredi, per un periodo non inferiore a 5 anni o, se precedente al decorso di tale periodo quinquennale, fino alla data di cambio di controllo o di sostituzione del soggetto incaricato della gestione”.

Con riferimento a quanto sopra, occorre considerare che:

  • il vincolo quinquennale riguarda sia gli strumenti patrimoniali rafforzati sia gli altri strumenti finanziari che, unitamente ai primi, concorrono al raggiungimento della percentuale di investimento;

  • il computo dell’holding period decorre, sia per gli investimenti detenuti nei fondi che per quelli detenuti in società, a partire dalla data in cui sono state effettuate le singole sottoscrizioni;

  • il periodo minimo di detenzione quinquennale non preclude la possibilità di percepire i carried interest prima del compimento del quinquennio (ciò in quanto l’holding period può maturare anche dopo l’erogazione del provento);

  • il periodo di detenzione può anche essere inferiore, nel caso in cui prima del decorso del quinquennio avvenga il cambio del controllo nella società oppure la sostituzione del soggetto incaricato della gestione;

  • in caso di morte del contribuente: ai fini del computo quinquennale assume rilevanza anche il periodo di possesso delle quote da parte degli eredi. 

  • in caso di cessione infraquinquennale: occorrerà versare la maggiore imposta dovuta stante la riqualificazione reddituale dei proventi già distribuiti.

Principali chiarimenti 

Nella seguente tabella riepiloghiamo i principali interventi interpretativi forniti dall’Agenzia delle Entrate in relazione al trattamento fiscale dei carried interest.

Principio espresso Riferimento interpretativo
Sono classificabili tra i redditi di capitale (ex art. 44, c. 1, lett. g, Tuir) i proventi dei titoli partecipativi con diritti patrimoniali rafforzati in cui sono previste la possibilità di perdita del capitale (e quindi l’assenza di garanzia di restituzione dello stesso), un carried interest postergato rispetto a capitale e hurdle rate spettanti agli investitori; clausole di clawback per la restituzione ex post del carried interest e casi di bad leavership. Risposta a interpello n. 55 del 12 febbraio 2020,
Considerando l’ingente ammontare investito dai managers, l’effettivo rischio di perdita del capitale che i sottoscrittori degli SFP sono tenuti a sopportare, nonché la postergazione del diritto a percepire l’extra-rendimento, gli strumenti partecipativi emessi sono assimilati alle azioni ai sensi dell’art. 44, c. 2, lett. a), del Tuir. Di conseguenza, i relativi proventi sono classificati tra i redditi di capitale ai sensi dell’art.44, c. 1, lett. e), del Tuir.

Risposta all’interpello n. 473 del 14 ottobre 2020

La sussistenza di specifici requisiti è garanzia di un allineamento degli interessi e dei rischi dei manager rispetto a quelli degli altri investitori ai fini di una comune assunzione e condivisione del rischio societario. Tale allineamento costituisce la ratio dell’assimilazione dei proventi disciplinati dalla disposizione ai redditi di natura finanziaria (di capitale o diversi), assimilazione che la norma opera a prescindere da qualsiasi legame con l’attività lavorativa prestata dai manager o dipendenti presso la società, ente od OICR.

Risposta all’interpello n. 565 del 1 dicembre 2020,

Per stabilire se gli utili e i capital gain derivanti dalle azioni con diritti patrimoniali rafforzati emesse in seguito alla ricapitalizzazione di una società interessata da un piano di risanamento costituiscano redditi di natura finanziaria, la redditività minima che deve essere riservata agli altri investitori deve essere calcolata sul capitale investito in sede di ricapitalizzazione e sugli ulteriori eventuali investimenti, senza comprendere anche gli investimenti fatti in precedenza e definitivamente persi a causa della crisi aziendale.

Risposta all’interpello n. 622 del 23 settembre 2021

Ai fini dell’applicazione della normativa in materia di carried interest, è necessario, non soltanto che l’impegno di investimento complessivo di tutti i dipendenti e amministratori comporti un esborso pari ad almeno l’1% dell’investimento complessivo effettuato, ma anche che l’esborso effettivo sia monetario. Non è quindi sufficiente la mera trasformazione di azioni già possedute di manager in azioni con diritti patrimoniali rafforzati, a meno che l’investimento monetario a suo tempo sostenuto per l’acquisizione delle azioni oggetto di conversione sia non inferiore” al limite dell’1%.

Risposta all’interpello  n. 654 del 4 ottobre 2021

La disciplina del carried interest si riferisce ai soli dipendenti e amministratori sottoscrittori di azioni, quote o altri strumenti finanziari aventi diritti patrimoniali rafforzati e non anche a tutti coloro che, seppur aventi questo status lavorativo, siano sottoscrittori di sole azioni ordinarie. Pertanto, l’ammontare sottoscritto in azioni, quote o altri strumenti finanziari senza diritti patrimoniali rafforzati rileva, ai fini del computo del limite dell’1% dell’investimento complessivo, solo per coloro che siano titolari di diritti patrimoniali rafforzati.

Risposta all’interpello n. 696 del 11 ottobre 2021

Per i manager, si considera reddito di capitale l’investimento che non raggiunge l’1% complessivo, ma è condiviso da investitori istituzionali che diventano un indizio del fatto che non c’è collegamento tra investimento e attività di lavoro. Risposta all’interpello n. 698 dell’11 ottobre 2021
Il regime agevolato del carried interest è applicabile in caso di emissione di strumenti finanziari partecipativi (SFP) e di conversione dei medesimi in azioni ordinarie. In particolare, si considera l’operazione di conversione degli SFP in azioni ordinarie a seguito del verificarsi di un “evento di liquidità” come corresponsione in natura di un reddito di capitale. Ne consegue che in occasione della conversione degli SPF in azioni ordinarie, si verifica in capo alla società emittente, in qualità di sostituto d’imposta, l’obbligo di operare la ritenuta nella misura del 26%. La successiva cessione delle azioni ordinarie ricevute in sede di conversione rileva ai fini della determinazione dei redditi diversi di natura finanziaria di cui all’art. 67 co. 1 lett. c) e c-bis) del TUIR. Risposta all’interpello n. 705 del 14 ottobre 2021
In tema di carried interest, la presenza delle clausole di good o bad leavership costituisce un indicatore utile a collegare il provento all’impegno profuso dal manager nell’attività lavorativa (e quindi a produrre reddito di lavoro). Tuttavia, la ricorrenza di altri elementi di segno opposto (quali ad esempio l’esposizione ad un effettivo rischio di perdita del capitale investito) possono far propendere per la natura finanziaria del provento.  Consentire al manager di mantenere la titolarità degli strumenti finanziari anche in caso di cessazione del rapporto di lavoro costituisce un’indicazione sufficiente ad escludere in radice uno stretto legame con l’attività lavorativa del manager, ed indica la natura finanziaria del reddito in questione.

Risposta all’interpello n. 710  del 15 ottobre 2021

La rideterminazione di valore delle partecipazioni non possedute in regime d’impresa alla data del 1° gennaio 2021, ai sensi dell’articolo 5 della legge 448/2021, avviene sempre con riferimento alla frazione di patrimonio netto posseduta dal socio, senza attribuire alcun peso agli eventuali diritti patrimoniali o amministrativi “rafforzati” previsti nello statuto della società

Risposta all’interpello n, 738 del 20 ottobre 2021

Riferimenti

Articolo 60 del D.L. 24 aprile 2017 n. 50 (convertito nella Legge 21 giugno 2017 n. 96);

Agenzia delle Entrate, circolare n. 25/E del 16 ottobre 2017;

Agenzia delle Entrate, risposta all’interpello n. 55 del 12 febbraio 2020;

Agenzia delle Entrate, risposta all’interpello n. 473 del 14 ottobre 2020;

Agenzia delle Entrate, risposta all’interpello n. 565 del 1 dicembre 2020;

Agenzia delle Entrate, risposta all’interpello n. 622 del 23 settembre 2021;

Agenzia delle Entrate, risposta all’interpello n. 654 del 4 ottobre 2021;

Agenzia delle Entrate, risposta all’interpello n. 654 del 4 ottobre 2021;

Agenzia delle Entrate, risposta all’interpello n.  696 dell’11 ottobre 2021;

Agenzia delle Entrate, risposta all’interpello n. 698 dell’11 ottobre 2021;

Agenzia delle Entrate, risposta all’interpello n. 705 del 14 ottobre 2021;

Agenzia delle Entrate, risposta all’interpello n. 710 del 15 ottobre 2021; 

Agenzia delle Entrate, risposta all’interpello n. 738 del 20 ottobre 2021;

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