La collazione ereditaria

La collazione ereditaria (ai sensi degli art. 737 e ss. del Codice civile) è l’operazione con cui determinati soggetti ossia i figli, i loro discendenti nonché il coniuge del de cuius, sono chiamati a conferire nella massa ereditaria tutti i beni – mobili e immobili – ricevuti a titolo di donazione o per mezzo di disposizioni testamentarie dal de cuius. Lo scopo è quello di formare delle porzioni ereditarie eque in modo da prevenire pregiudizi che possono verificarsi a causa delle liberalità di cui sopra.

La collazione ereditaria è quindi un onere a cui non possono sottrarsi i soggetti succitati che hanno deciso di accettare l’eredità e ha lo scopo di ripristinare la parità di trattamento che – con disposizioni testamentarie o liberalità – può essersi alterata per mano del de cuius.

È ovviamente fatta salva la dispensa in sede di donazione o testamento come meglio si dirà in proseguo. 

Oggetto della collazione è qualsiasi donazione disposta in vita dal de cuius, inclusi anche i negozi misti con donazione (vendita o acquisto di un bene a un prezzo notevolmente inferiore o superiore al loro valore con lo scopo ultimo di portare una ricchezza ulteriore alla controparte beneficiaria) e anche le intestazioni di beni in nome altrui.

Esistono però delle eccezioni alla collazione. Ed invero, sono escluse le donazioni ricevute per speciale remunerazione, i regali in pendenza di nozze, le spese di mantenimento, educazione e istruzione, nonché quelle considerate di modico valore in relazione al patrimonio del de cuius.

La collazione può avvenire in due modalità: per imputazione o in natura.

Nel caso de la “Collazione in natura” ossia tramite il conferimento all’interno della comunione del bene come ricevuto per donazione (ad esempio, se è stato donato un immobile, esso rientra nell’asse ereditario).

Nell’ipotesi invece di collazione per imputazione, si deve procedere con l’operazione di immettere nella comunione ereditaria l’equivalente in denaro di quanto ricevuto per donazione, in base al valore che il bene aveva al momento dell’apertura della successione.

La dispensa dall’imputazione va distinta dall’imputazione ex se.

A mero titolo di precisazione si ricorda che l’imputazione ex se – ai sensi dell’Art. 564, cod. civ. – è diversa dall’imputazione sopra esposta: la norma in esame, infatti, dispone che chi abbia intenzione di agire in riduzione debba preventivamente imputare alla propria quota di legittima quanto in vita ricevuto per donazione o per legato. È un onere che compete al soggetto che intenda agire in riduzione.

Esiste poi l’ipotesi di dispensa da collazione ereditaria.

Nulla vieta al testatore/donante di optare per la dispensa dalla collazione in modo che il beneficiario abbia facoltà di trattenere la liberalità ricevuta, senza dover restituire il bene a mezzo della collazione in natura o dell’imputazione. Si precisa tuttavia che la dispensa non può in nessun caso ledere i diritti riservati dalla legge ai legittimari e infatti ha un mero effetto nei confronti della quota disponibile.

Autorevole dottrina sul punto ritiene che la dispensa dalla collazione possa avvenire nel medesimo atto di liberalità, ovvero essere contenuta nel testamento non essendo ammessa una dispensa in un successivo negozio inter vivos di qualunque natura; ciò in quanto si verificherebbe una modifica della donazione stessa, per la quale sarebbe di nuovo necessaria la presenza di entrambi i soggetti (donante e donatario).

Infine, è importante ricordare che la collazione volontaria è prevista nei casi in cui il testatore dispensi soggetti non tenuti alla collazione ovvero quando questa abbia a oggetto atti non rientranti nell’Art. 737, cod. civ, soggetti a collazione. 

Chi è tenuto ai sensi di legge alla collazione, può evitarla non accettando ovvero rinunciando all’eredità. La rinuncia o la mancata accettazione, tuttavia, non pregiudica la possibilità per i legittimari eventualmente lesi di agire in riduzione per vedere reintegrati i loro diritti.

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