È fondato l’avviso di accertamento mediante il quale, in presenza di finanziamenti in contanti effettuati dai soci non aventi capacità finanziaria, l’Amministrazione finanziaria presume l’esistenza di ricavi in nero non dichiarati dalla società finanziata.  È questa la conclusione espressa dalla CTR della Puglia nella sentenza n. 1856/2022 depositata il 05/07/2022.

Nel caso esaminato, nel corso di una verifica fiscale avviata nei confronti di una società di capitali a ristretta base sociale, veniva riscontrata l’esistenza di versamenti in contanti (indicati nel conto “soci c/finanziamento infruttifero”) effettuati dai soci per i quali, di conseguenza, non vi erano riscontri documentali tali da garantirne la relativa provenienza. Secondo l’Agenzia delle Entrate, questo versamento, anche in considerazione della situazione reddituale dichiarata dai soci finanziatori (considerata non congrua rispetto a questi versamenti), costituiva un mero espediente contabile finalizzato all’occultamento di ricavi. In primo grado i Giudici accoglievano il ricorso della società contribuente. L’Ufficio appellava la sentenza, ribadendo le proprie pretese. La CTR ha accolto l’appello dell’Ufficio. In particolare, nel motivare la propria decisione, il Collegio giudicante ha richiamato la giurisprudenza della Corte di Cassazione (sent. 19780/2020 e ord. 1151/2022), in base al quale il finanziamento effettuato dai soci di una società a ristretta base sociale deve essere valutato con particolare attenzione in quanto premonitore di un possibile comportamento evasivo. Ciò vale, in particolare, nell’ipotesi in cui il finanziamento provenga da soci che hanno dichiarato redditi esigui. Infatti, nel caso di una società di capitali a ristretta base sociale, la solo esiguità dei redditi dichiarati dai soci finanziatori consente all’Ufficio di poter riqualificare i finanziamenti effettuati dai soci come utili non contabilizzati dalla società. A fronte di ciò è onere del contribuente provare la provenienza del denaro oggetto del finanziamento effettuato e, in particolare, dimostrare l’esistenza di una disponibilità finanziaria sufficiente ad effettuare i finanziamenti. Nel caso di specie, questa prova non era stata fornita, dal momento che i versamenti contestati erano stati effettuati in contanti da parte dei soci in assenza di capacità reddituali ed economiche.  La sentenza in esame conferma il filone interpretativo che, per le società di capitali a ristretta base sociale, ammette la presunzione di attribuzione ai soci di utili extracontabili (da ultimo si vedano: Cass civ. ord. 08/03/2022 n. 759 e 09/02/2022 n. 4237).  L’orientamento non si pone in contrasto con il divieto di presunzione di secondo grado, in quanto il fatto noto non è costituito dalla sussistenza di maggiori redditi accertati induttivamente nei confronti della società, bensì dalla ristrettezza dell’assetto societario, che implica un vincolo di solidarietà e di reciproco controllo dei soci nella gestione sociale, con la conseguenza che, una volta ritenuta operante detta presunzione, spetta poi al contribuente fornire la prova contraria (Cass., Sez. 6-5, 24/1/2019, n. 1947). Per completezza, infine, ricordiamo che l’applicazione di questo principio è stata riconosciuta anche nei confronti delle società di persone a ristretta base familiare (Cass., 21/11/2018, n. 30098).

Marco Nessi e Roberto Torelli

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