L’istituto dell’eredità giacente

E’ noto che l’acquisto dell’eredità non avviene in maniera automatica, essendo necessario che i chiamati all’eredità la accettino (o la rifiutino) entro il termine di dieci anni, termine previsto dall’art. 480 cc.

In caso di incertezza nelle determinazioni da parte dei chiamati all’eredità, è possibile ricorrere all’actio interrogatoria, disciplinata dall’art. 481 c.c. il quale consente, a chi vi abbia interesse in caso di pendenza del termine per accettare l’eredità, di chiedere al giudice la fissazione di un termine abbreviato rispetto a quello decennale, entro il quale il chiamato all’eredità deve dichiarare se intende accettare

In alternativa a tale azione (o successivamente alla medesima, qualora il chiamato non accetti nel termine), gli interessati possono usufruire del meccanismo offerto dall’art. 528 c.c., che prevede la possibilità di adire il Tribunale del circondario in cui si è aperta la successione affinché questo nomini un curatore dell’eredità. Finalità di tale procedura è, da un lato, il soddisfacimento dei creditori e, dall’altro lato, l’accettazione da parte dei chiamati.

L’istituto dell’eredità giacente, disciplinato nel capo VIII del titolo I del Libro II del Codice Civile dagli artt. 528-532, è volto a garantire la conservazione e l’amministrazione del patrimonio ereditario1 nel periodo intercorrente tra il momento dell’apertura della successione mortis causa, coincidente con la morte della persona2, e quello dell’eventuale accettazione dell’eredità da parte del chiamato. Al fine di evitare che in tale arco temporale il patrimonio (o l’asse) ereditario rimanga privo di tutela giuridica e che subisca pregiudizi in danno agli eredi (o legatari) o di eventuali creditori del de cuius, il legislatore ha previsto la nomina di un curatore dell’eredità giacente.

E’ evidente l’esigenza di nominare un curatore dell’eredità nel caso in cui, prolungandosi lo spazio temporale tra l’apertura della successione e l’accettazione dell’eredità ed essendo il chiamato privo del possesso dei beni ereditari, appaia verosimile il pericolo che detti beni siano sottratti, si deteriorino o che i terzi maturino diritti nei loro confronti.

Anche in questo caso la legittimazione attiva è riconosciuta a chiunque vi abbia interesse e dunque, in primis, ai creditori del de cuius, in quanto soggetti certamente interessati a che l’asse ereditario trovi un titolare.

Il presupposto di tale rimedio è che l’eredità sia giacente, ossia che il chiamato non abbia accettato l’eredità (e dunque non abbia assunto la qualità di erede) e non si trovi nel possesso dei beni ereditari (e dunque non sia dotato dei poteri di amministrazione del patrimonio ereditario e di rappresentanza dell’eredità previsti dagli artt. 485 e 486 c.c.). Una volta nominato il curatore, l’eredità diviene giacente: il chiamato perde la facoltà di compiere atti conservativi e di amministrazione temporanea del patrimonio ereditario, non si possono iscrivere ipoteche giudiziali sui beni ereditari e non possono essere promosse su istanza dei creditori procedure esecutive su tali beni.

Tra le attività che il curatore può compiere figura il pagamento, previa autorizzazione del Tribunale, dei debiti ereditari: se, però, alcuno dei creditori o legatari si oppone al pagamento, il curatore non vi può provvedere, ma deve procedere alla liquidazione dell’eredità e alla ripartizione del ricavato tra i creditori ereditari.

Il curatore ha altresì il potere di compiere atti dispositivi e, in particolare, di procedere alla vendita dei beni del patrimonio ereditario. Trattandosi di beni mobili, ai sensi dell’art. 783, c. 1, c.p.c., la relativa vendita dev’essere promossa nei trenta giorni successivi alla formazione dell’inventario, salvo che il giudice disponga altrimenti; trattandosi di immobili, ai sensi del comma 2 della predetta norma, la vendita può essere autorizzata dal Tribunale con decreto in camera di consiglio soltanto nei casi di necessità o utilità evidente, il che può accadere, per esempio, quando nel patrimonio ereditario non vi sia denaro sufficiente a onorare i debiti ereditari, neanche successivamente alla vendita dei beni mobili.

Il curatore, dunque, deve compiere gli atti utili alla conservazione e amministrazione dell’asse ereditario: nel far ciò, necessita della previa autorizzazione del Tribunale per il compimento degli atti di straordinaria amministrazione, tra cui rientra, come detto, la vendita degli immobili.

Il curatore cessa dalle sue funzioni quando l’eredità è stata accettata da uno dei chiamati, nonché in caso di esaurimento dell’attivo e nel caso in cui tutti i chiamati rinuncino all’eredità: in quest’ultima ipotesi, infatti, la stessa viene devoluta allo Stato, il quale risponderà dei debiti del defunto solo entro il valore dei beni che gli sono stati devoluti.

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