Emissione e annotazione di false fatture: esclusione del concorso di persone

L’art. 8 Decreto Legislativo. 74/2000 prevede il delitto di emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti: più precisamente, è punito con la reclusione da quattro a otto anni chiunque, al fine di consentire a terzi l’evasione delle imposte sui redditi o sul valore aggiunto, emette o rilascia fatture o altri documenti per operazioni inesistenti.

Speculare a tale fattispecie è quella di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti di cui all’art. 2 Decreto Legislativo. 74/2000, che punisce con la medesima pena di cui all’art. 8 chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, avvalendosi di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, indica in una delle dichiarazioni relative a dette imposte elementi passivi fittizi. 

Come si vede, trattasi di condotte che, tanto sul piano astratto quanto, soprattutto, su quello concreto, presentano un indubbio collegamento: di regola, infatti, chi emette fatture per operazioni inesistenti lo fa al fine di consentire a un terzo di farne uso in dichiarazione mediante l’esposizione dei relativi costi, il che gli permette di conseguire un abbattimento della base imponibile. 

Di tale fisiologica connivenza tra gli autori dei due reati è consapevole il legislatore, che non a caso ha incluso tra gli elementi necessari a integrare il delitto di cui all’art. 8 Decreto Legislativo. 74/2000 il dolo specifico dell’emittente, la cui condotta dev’essere finalizzata a consentire l’evasione dell’utilizzatore.

L’esistenza di un simile collegamento fa sorgere la questione, pregna di ricadute sul piano pratico, della possibilità di considerare ciascuno degli autori dei due reati in parola anche come concorrente nel reato commesso dall’altro. In altri termini, ci si chiede se l’emittente di fatture per operazioni inesistenti debba rispondere, oltre che del reato di cui all’art. 8, anche di concorso nel reato di cui all’art. 2; specularmente, ci si chiede se l’utilizzatore di fatture per operazioni inesistenti debba rispondere, oltre che del reato di cui all’art. 2, anche di concorso nel reato di cui all’art. 8.

Entrambi i quesiti trovano risposta nell’art. 9 Decreto Legislativo. 74/2000, a mente del quale, in deroga ai principi generali in tema di concorso di persone ex art. 110 Codice Penale, l’emittente non concorre nel reato dell’utilizzatore e quest’ultimo non concorre nel reato del primo. Tale regime derogatorio è stato previsto al fine di evitare una doppia punizione del medesimo soggetto per un fatto che, sostanzialmente, è lo stesso, dal momento che, come anticipato, all’emissione consegue di regola l’utilizzazione e quest’ultima, a sua volta, trova di regola il proprio presupposto nella prima. L’esistenza di un simile nesso fa sì che, laddove operassero i principi generali di cui all’art. 110 Codice Penale, si determinerebbe una violazione del fondamentale principio del ne bis in idem (avente rilevanza costituzionale ex artt. 24 e 111 Cost.), che vieta di sottoporre due volte a sanzione penale lo stesso soggetto per il medesimo fatto.

Questa è pertanto la ratio dell’art. 9 Decreto Legislativo. 74/2000.

Tuttavia, la Cassazione è intervenuta al fine di circoscrivere l’ambito applicativo della norma anzidetta e lo ha fatto proprio basandosi sulla ratio della stessa. Con sentenza n. 41124 del 2019, infatti, la Suprema Corte ha statuito che trova applicazione il regime generale di cui all’art. 110 Codice Penale e non quello derogatorio di cui al summenzionato art. 9 in tutti quei casi in cui il destinatario delle fatture emesse per operazioni inesistenti non ne abbia concretamente fatto utilizzo in dichiarazione: in simili ipotesi, dunque, egli concorre nel delitto di emissione di fatture false, posto che il mancato utilizzo di queste ultime impedisce di integrare profili di contrasto con il divieto di bis in idem.

Pertanto, il discrimen tra l’applicazione dell’art. 110 Codice Penale e quella dell’art. 9 Decreto Legislativo. 74/2000 va individuato nella natura, meramente potenziale oppure effettiva, dell’utilizzo che il destinatario faccia delle fatture false. 

In altri termini, se quest’ultimo si è semplicemente prospettato l’utilizzo delle fatture, ma non le ha poi effettivamente indicate in dichiarazione per qualsiasi ragione, potrà essere chiamato a rispondere di concorso nel delitto di cui all’art. 8 Decreto Legislativo. 74/2000, sempre che, ovviamente, ricorrano nel caso concreto i presupposti di cui all’art. 110 Codice Penale (ossia la pluralità di soggetti agenti, la realizzazione di un fatto di reato, il contributo concorsuale e la coscienza e volontà di tale contributo). Questa soluzione impedisce di utilizzare il regime derogatorio di cui all’art. 9 al fine di creare sacche di impunità che contrasterebbero con il comune senso di giustizia, essendo francamente irragionevole esonerare da ogni sanzione penale il soggetto che, dopo aver istigato o comunque partecipato con un terzo all’emissione di fatture false (e dunque alla commissione di un delitto), abbia successivamente deciso di non farne uso per qualsivoglia ragione.

Se, invece, il destinatario delle fatture le ha effettivamente indicate in dichiarazione, egli risponderà del delitto di dichiarazione fraudolenta ai sensi dell’art. 2 Decreto Legislativo. 74/2000, ma non concorrerà, in forza del regime derogatorio dettato dall’art. 9, nel delitto di cui all’art. 8, del quale, pertanto, risponderà unicamente l’emittente.

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