Commento interpello 503

Abstract

Se l’operazione di riorganizzazione ha una sostanza economica effettiva e concreta, non può esserci abuso del diritto in quanto non sono soddisfatti tutti i requisiti previsti dall’articolo 10-bis della Legge 212/2000. Lo ha chiarito l’Agenzia delle Entrate nella risposta all’interpello 12/10/2022 n. 503. 

Escluso l’abuso del diritto se la riorganizzazione ha sostanza economica

Il conferimento di un ramo d’azienda in newco, seguito dalla cessione totalitaria delle quote della conferitaria a favore di una società che poi viene fusa nella conferitaria stessa, comporta un indebito vantaggio fiscale (ovvero il pagamento di imposta di registro in misura fissa in luogo dell’imposizione proporzionale prevista per la cessione d’azienda) ma, avendo l’operazione una sostanza economica, la stessa non configura un’ipotesi di abuso del diritto ai sensi dell’articolo 10-bois della Legge 212/2000. E’ questa l’interpretazione fornita dall’Agenzia delle Entrate nella risposta all’interpello 12/10/2022 n. 503. 

Il caso in esame ha riguardato a un’articolata operazione di riorganizzazione finalizzata alla semplificazione della struttura societaria ed alla riduzione dei costi amministrativi e di governance. In particolare l’operazione esaminata ha riguardato una scissione parziale di una delle società del gruppo (Alfa1) con assegnazione ad una società Alfa (beneficiaria) della partecipazione totalitaria detenuta in Alfa5 e nella realizzazione di 3 diverse operazioni di fusione (Alfa 5 in Alfa; Alfa 2 in Alfa; Alfa 3 in Alfa).

Con riferimento a quanto sopra, in primis, è stata riconosciuta la legittimità della scissione, considerato che la Scissione ALFA1:

  • è in grado di determinare la ripartizione proporzionale degli asset della società scindenda fra i soggetti coinvolti che non usufruiscono di regimi fiscali agevolati e che, in seguito al suo perfezionarsi, procederanno (o proseguiranno) a svolgere, senza soluzione di continuità, le rispettive attività d’impresa (non si configura, di conseguenza, alcuna estromissione dalla sfera commerciale e dal relativo regime ordinario degli asset coinvolti);
  • determinerà il trasferimento alla beneficiaria di una porzione di patrimonio netto di ALFA1 che, ai fini fiscali, deve considerarsi formato da riserve di capitale e/o da riserve di utili nella medesima proporzione delle riserve di utili e di capitali esistenti nella scissa antecedentemente l’operazione.

Peraltro, l’Agenzia delle Entrate ha ricordato che non è ostativa alla neutralità fiscale della scissione la circostanza che la stessa operazione abbia ad oggetto un ramo d’azienda ovvero un singolo asset (come nel caso esaminato n cui il patrimonio netto scisso è sostanzialmente costituito dalla partecipazione in ALFA5). In questo caso, infatti, il test di vitalità delle perdite deve essere effettuato individuando   criteri alternativi (come, ad esempio, la presenza di plusvalori latenti nei beni trasferiti) che siano rappresentativi della vitalità economica del compendio scisso e della sua capacità di riassorbire le posizioni fiscali soggettive trasferite alla società beneficiaria.

Con riferimento alla successiva operazione di fusione il possibile abuso del diritto deriva dal fatto che, in precedenza, Alfa 6 aveva conferito nella newco (Alfa 3) un ramo d’azienda e, successivamente aveva ceduto le relative quote a Alfa. Pertanto, la fusione tra Alfa (cessionaria delle quote) e Alfa3 (conferitaria dell’azienda) poteva essere considerata abusivo per il risparmio derivante ai fini dell’imposta di registro.  A fronte di quanto sopra l’Agenzia delle Entrate:

  • ha preliminarmente evidenziato che, effettivamente, il conferimento di un ramo d’azienda seguito dalla cessione totalitaria delle quote è in grado di determinare un indebito vantaggio fiscale (costituito dal pagamento di tre imposte di registro in misura fissa in luogo di quelle proporzionali previste per la cessione d’azienda) se seguita dalla fusione tra la cessionaria delle quote e la conferitaria (in precedenza in senso analogo si vedano le risposte agli interpelli n. 13 e n. 138 del 2019). 
  • ha successivamente riconosciuto che, nel suo complesso, la riorganizzazione non era priva di sostanza economica, considerato che:
  • le prime due fasi dell’operazione (ossia il conferimento di azienda e la cessione della partecipazione, ovvero l’ingresso di ALFA3 nel Gruppo ALFA) erano state effettuate nel marzo dell’anno n+4, e quindi in un momento temporale in cui la strategia aziendale era dettata dall’azionista di riferimento dell’epoca, ossia il Gruppo GAMMA (in tale contesto, il Gruppo ALFA era organizzato attraverso entità giuridiche separate, ognuna deputata allo svolgimento di una parte dell’unitaria attività propria del Gruppo);
  • nel corso dell’anno n+4, il Gruppo BETA era subentrato alla guida del Gruppo ALFA, attraverso l’acquisto sul mercato delle azioni della società ALFA4, determinando la fuoriuscita dell’azionista, fino a quel momento di maggioranza, GAMMA. 

In buona sostanza, nel contesto sopra delineato, il requisito della sostanza economica è stato considerato soddisfatto in considerazione:

  1. della FusioneALFA3 (effettuata dopo un rilevante intervallo temporale, ovvero a più di quattro anni di distanza dalle precedenti operazioni di conferimento e cessione di partecipazioni), operazione che coinvolge anche altre sociteà del gruppo allo scopo di ridurre i costi amministrativi e di governance e sfruttare le sinergie operative tra le diverse attività del Gruppo Alfa;
  2. del cambio dell’azionista di riferimento dell’intero Gruppo ALFA;
  3. delle mutate strategie aziendali collegate alle mutate condizioni del mercato.

Si tratta di motivazioni economiche effettive che, correttamente, hanno scongiurato la possibilità di contestare la riorganizzazione sotto il profilo dell’abuso del diritto. Ricordiamo, infatti, che l’articolo 10-bis della legge 212/2000 individua tre presupposti da soddisfare per verificare l’esistenza dell’abuso del diritto, ovvero:

  • la realizzazione di un vantaggio fiscale “indebito” (costituito da “benefici, anche non immediati, realizzati in contrasto con le finalità delle norme fiscali o con i principi dell’ordinamento tributario”); 
  • l’assenza di “sostanza economica” dell’operazione o delle operazioni poste in essere, consistenti in “fatti, atti e contratti, anche tra loro collegati, inidonei a produrre effetti significativi diversi dai vantaggi fiscali”; 
  • l’essenzialità del “vantaggio fiscale” conseguito. L’assenza di uno dei tre presupposti costitutivi dell’abuso determina un giudizio di assenza di abusività.

Inoltre, ai sensi del comma 3 dell’articolo 10-bis della legge 212/2000, non possono essere considerate abusive le operazioni che sono giustificate da valide ragioni extrafiscali non marginali, anche di ordine organizzativo o gestionale (sono considerate tali le operazioni che rispondono ad esigenze di miglioramento strutturale o funzionale dell’impresa o dell’attività professionale del contribuente).

Nella risoluzione 17 ottobre 2016 n. 93/E, l’Agenzia delle Entrate aveva già osservato che un’operazione non può essere considerata abusiva, qualora non vengano identificati e provati congiuntamente tutti e tre elementi sopra illustrati.

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